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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leonardo prosatore.djvu{{padleft:266|3|0]] 20 soldi, de’ qua’ dinari, secondo che lui propio mi confessò, ne comprò anici, confetti. L. 2.

Item, ancora a di 2 d’aprile, lasciando Gian Antonio[1] uno graffio d’argento sopra uno suo disegno, esso Jacomo glielo rubò, il quale era di valuta di soldi 24, L. 1, s. di L. 4.

Il primo anno un mantello: L. 2; camicie 6: L. 4; tre giubboni: L. 6; para di calze: L. 7, s. di L. 8; vestito foderato: L. 5; 24 para di scarpe: L. 6 s. d. L. 5; una berretta: L. 1; in cinti, stringhe... L. 1.

A Ludovico il Moro.

Assai m’incresce che l’avere a guadagnare el vieto m’abbi a interrompere il seguitare l’opera che già Vostra Signoria mi commise[2]; ma spero in breve avere guadagnato tanto, che potrò sadisfare ad animo riposato a Vostra Eccellenza, alla quale mi raccomando. E se Vostra Signoria si credessi ch’io avessi dinari, quella s’ingannarebbe, perchè ho tenuto sei bocche trentasei mesi e ho auto cinquanta ducati!

  1. Probabilmente, Gian Antonio Boltraffio, discepolo del Vinci, e pittore celebri di soavi Madonne.
  2. La statua equestre a Francesco Sforza. Questo frammento prova che Ludovico non sempre trattava munificamente l’artista.
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