Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
362 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leonardo prosatore.djvu{{padleft:366|3|0]] proprio sul petto d’uu uomo (Napoletano), al cui soccorso accorre un altro uomo (il Moro), brandendo una mazza (o uno scettro?): come si vede questa scena simbolica non serve a lumeggiare lo schizzo vinciano, e così — purtroppo — è delle altre tre medaglie commemorative del trionfo sui Francesi.
Più tardi, nel 1509, troviamo in una medaglia[1] e in una satira in versi latini elegiaci intitolata Venatio Leonum, Venezia rappresentata col simbolo del leone[2]. Ma è ben povera indicazione, come l’altra che un drago alato, e un drago cristato si trovano continuamente negli stemmi sforzeschi.
Può darsi, sì, che in queste lotte di belve il grande artista abbia voluto simboleggiare qualche avvenimento politico: il male è che non ce n’ha lasciata la chiave. E se, del resto, volessimo trovare interpretazioni di questo genere non solo per il disegno degli Uffizi, ma per tutti i combattimenti di mostri sparsi nei suoi manoscritti, avremmo da lavorare un bel po’ di fantasia.
Che molti degli appunti e dei piccoli schizzi di carattere morale potessero o dovessero servire ad adornare i soffitti, le pareti, gli stipiti o le cassapanche del Castello di Milano o di Pavia è grandemente probabile; ma che — sentenze, schizzi, disegni — fossero, almeno in bel numero, d’allusione politica non mi pare (concludendo) ancora provato, nè facile a provare. E quel poco che, dopo un esame accurato, ci autorizza a congetturare un’interpretazione politica, è maledettamente difficile, intricato, oscuro.
E per tutto questo mi par molto arrischiato fare di Leonardo quasi l’artista-complice del Moro, che — con le sue abili allegorie — avrebbe mascherato la condotta fraudolente del suo Signore, in faccia ai giovani Duchi e alla scettica Corte milanese.