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162 CAPITOLO VIII — § 49

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In entrambi i problemi precedentemente trattati, si è trovato necessario calcolare il

.

Questo limite, se esiste ed è finito, ha ricevuto il nome di derivata della funzione nel punto ; esso è una funzione di , che si suole indicare con .

Se è posto , questo limite, se esiste, si indica brevemente anche con senz'altro, o con , se si vuol mettere in evidenza la variabile rispetto al quale si deriva[1].

Se il punto che si esamina è all'estremo sinistro (destro dell'intervallo, in cui è definita, è sotteso che tende a zero per valori positivi (negativi); se invece il punto è interno a tale intervallo, si dice che la funzione ha in tal punto la derivata soltanto se il esiste, e è sempre lo stesso, sia che tenda a zero per valori positivi, sia che tenda a zero per valori negativi.

Di più, quando diremo che esiste la derivata , noi supporremo sempre che il nostro limite abbia valore finito (sebbene si parli talvolta anche di derivate infinite). I risultati dei precedenti paragrafi si possono perciò anche enunciare così:

1° Se è lo spazio percorso da un punto mobile su una retta in unità di tempo, allora la derivata di ci sà la velocità del punto all'istante (dopo che sono trascorse unità di tempo).

2° La retta tangente alla curva nel punto di ascissa ha per coefficiente angolare .

Così, p. es., la derivata di è

.

Quindi: Se un punto in minuti secondi percorre metri, la sua velocità (misurata in metri secondi) dopo secondi è

  1. Cioè la variabile, alla quale si è dato l'incremento arbitrario h, che si fa tendere a zero. L'arbitrarietà di è naturalmente limitata alla sola condizione che i punti appartengono al campo, in cui la è definita.
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