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92 | dell’istoria di verona |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu{{padleft:122|3|0]]que’ luoghi dalla forza e dalla pertinacia degli stessi venti[1]. Sloggiarono in grandissimo numero, ma non già tutti; poichè i Cimbri sussisteano ancora nell’antiche sedi a tempi d’Augusto, cui mandarono Legati e doni, come si ha in Strabone (lib. 7); e a tempi di Traiano, benchè ridotti in piccola Republica, come abbiam da Tacito (Mor. Ger. c. 36). Narra Plutarco, aver costoro avuta in animo l’Italia e Roma, e l’esempio degli antichi Galli. In fatti nell’anno 640 erano già approssimati all’Italia dalla parte del Norico. Andò per respingergli il console Papirio Carbone: seguì battaglia poco lontano dalla città di Noreia ( Strab. lib. 5 ), che dovrebbe credersi quella de’ Carni, e non l’altra di tal nome, ch’era nel Norico, volendo aver fede a Giulio Ossequente (n. 98), che scrive avvenisse il fatto di qua dall’Alpi. Li più degli Autori dicono che Papirio fu rotto e posto in fuga; ma Strabone (lib. 5: οὐδὲν ἔπραξεν) dice solamente ch’ei presso Noreia combattè inutilmente co’ Cimbri; e Appiano, il qual nelle Legazioni date fuori da Fulvio Orsino è l’unico che ne parli con distinzione, racconta diversamente: cioè che vennero i Barbari saccheggiando fin nel Norico; onde Papirio temendo non penetrassero in Italia, si pose al varco dell’Alpi, dove il passaggio è più angusto; e non avanzando
- ↑ V. Rudbekio t. 2, pag. 202, che spiega come vada inteso Strabone dell’inondazione. V. lo stesse» t. 1, p. 293 come intenda che i Cimbri abbandonarono per l’inondazione del mare, ec.