< Pagina:Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

libro sesto 187

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu{{padleft:217|3|0]]della Republica ammisero bensì in Senato i meritevoli venuti da’ Municipi Italici, ma non però vi ammisero gli esterni ed i provinciali. Per testimonio di Plinio (lib. 5, c. 5; lib. 7, c. 43) primi degli esterni furono i due Cornelii Balbi, venuti fin dall’Oceano, siccome Gaditani, l’uno a vestire la consolar trabea, l’altro a risplendere nel cocchio trionfale per aver soggiogali i Garamanti. Però nella sua concione disse Claudio presso Tacito: ci abbiam forse a pentire che passassero qua i Balbi dalla Spagna (num poenitet Balbos ex Hispania, ec.)? In Senato cominciò Cesare ad ammetter qualche straniero. Mecenate consigliò ad Augusto, fatto capo e Principe della Republica, di tirare a Roma e di far Senatori i miglior soggetti ed i più illustri non d’Italia solamente, ma ancora de’ sozii e de’ soggetti, perchè in tal modo e si sarebbe assicuralo di coloro che poteano a’ popoli esser Capi in occasion di rivolta, e avrebbe guadagnato l’amor di tutti, participando a tutti il governo (Dio. l. 52). Suggerimento aggiunse di far cittadini generalmente i soggetti popoli; e ciò per levar loro il sospetto di volergli come servi, e perchè invigilassero alla custodia dell’Imperio come di cosa anche propria, ed acciocchè compagni veramente fedeli divenissero, e Roma riguardassero come la vera e sola città, le patrie loro quasi villaggi riputando [ὅπως ὡς οἰκείην αὐτὴν σπουδάζωσι — καὶ ταύτην μὲν ὄντως πόλιν τὰ δὲ δὴ σφέτερα ἀγροὺς καὶ κώμεις][1].

  1. S. Aug. de Civ. Dei lib. 5, c. 17: quod postea gratis-
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.