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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu{{padleft:67|3|0]]corso, Brescia ch’è amata madre della mia Verona; ma racconta ancora gli adulterj con Postumio e Cornelio da costei commessi. Giudichi ogni lettor discreto, se inserimento possa vedersi più importunamente situato. Ma se la porta che parla, era in Brescia, secondo che mostra sicuramente il contesto, come potea dire della mia Verona? Questa sola osservazione mette il fatto abbastanza in chiaro. Che se altri la volesse in Verona, come dunque sa qual acqua passi per Brescia, e in qual modo vi scorra, e con qual colore? Che sapesse le faccende della sua padrona, va bene; ma il saper le particolarità minute e locali d’altre città, che non si sanno se non da chi vi fu, senza improprietà grande non le si poteva attribuire. Potrebbe aggiugnersi ancora, che chiunque abbia delicato orecchio, e vi faccia singolare avvertenza, conoscerà non aver suono, nè aria Catulliana que’ versi: il modo e la distanza di quella ripetizione la rendono troppo diversa dalle leggiadrissime di Catullo[1]; poco acconciamente si congiunge il passar del Melone coll’esser madre di Verona; poca grazia hanno quelle parole, mater amata Veronae; poco propriamente e poco latinamente ancora dicesi, flumen molle; il qual parlare non credo si trovi in Autore antico, e tanto meno d’un torrente. Il fiume Arari, di lento corso, fu detto lenis da Cesare, segnis da Plinio, ma da niuno mollis. Plinio usò una volta molle in modo che non si vede in altri, cioè
- ↑ Chi ha più inteso: Athesis percurrit Veronam Flumine?