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ALLA SIGNORA ERNESTINA V. W.[1]





areva segnato dalla matita d’un umorista quel sentiero alpino che serpeggiava tra gli abeti, ora appiattandosi entro una macchia folta, ora guizzando nel prato aperto, spensieratamente curioso di ogni ruscello e di ogni precipizio, tutto ipocrita serietà quando si diparte dalla

  1. Questa lettera si riproduce dalla prima edizione, quantunque scolorata dal tempo. Il racconto che segue vi ha qualche radice; e poiché esso pure va perdendo naturalmente il verde, l’autore ha deciso non si molesti con inutili strappi e sia lasciato appassire in pace.
    (Nota della seconda edizione).
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