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SMARRA

O IL

DEMONIO DELLA NOTTE




PROLOGO[1].

Somnia fallaci ludunt temeraria nocte
Et pavidas mentes falsa timere jubent.
Catullo.


L’isola è piena di rumori, di suoni e di dolci aurette che arrecano piacere senza mai nuocere. A volte migliaia d’istrumenti suonano confusamente al mio orecchio, a volte son voci tali che, se io mi svegliassi dopo un lungo sonno mi farebbero dormire ancora; e qualche volta dormendo m’è sembrato di vedere le nubi aprirsi, e mostrare beni d’ogni sorta che piovevano su me, di modo che risvegliandomi io piangevo come un fanciullo per la voglia di sempre sognare.


Shakespeare.


Ah! com’è dolce, mia Liside, quando l’ultimo suono della campana, che spira nelle torri d’Arona, dopo aver scoccata la mezzanotte, come è dolce venire a dividere con te il letto da lungo tempo solitario, in cui ti rivedo dopo un anno.

Tu sei mia o Liside, e i cattivi genii che separavano dal tuo grazioso sonno il sonno di Lorenzo non mi spa-

  1. I temerari sogni ingannano nella notte fallace e con falsi spettri atterriscono le pavide menti.
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