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Livorno, settembre del ’94.


In una via eccentrica, lungi dalla romorosa vita spensierata dei bagnanti, in una casa piccola e linda, vive Giovanni Pascoli, il poeta gentile. E la sua casa ha un giardino breve, dove le due sorelle pazienti coltivano molti fiori e molte erbe odorose, e dove, in una lunga fila di gabbie diverse, cantano passeri, cincie, merli, fringuelli. In una grande stanza al primo piano, il dottissimo latinista — che anche quest’anno dall’internazionale Concorso di Amsterdam ha riportato a maggior vanto d’Italia la medaglia d’oro[1] — studia

  1. Io scrivevo nei 1894 queste linee; e anche in quest’anno, 1895, Giovanni Pascoli ha vinto allo stesso concorso un’altra medaglia d’oro.
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