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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ojetti - Il martirio dei monumenti.djvu{{padleft:55|3|0]]ta la vôlta e dilaniò la tela del Piazzetta: la sua tela più celebre, più bella e più delicata, perchè i toni di rosa e d’ambra, intorno alle tonache nere dei domenicani e alla veste turchina dell’angelo che solleva il Santo, v’erano rimasti intatti, ciò che ormai è raro nelle pitture di lui.

Da allora, Venezia non è stata più colpita.[1] Le perdite subite ad ogni incursione, l’efficacia sempre più stretta e sicura; della difesa aerea della città, i nuovi mezzi escogitati da que-

  1. Queste parole erano pronunciate il primo di luglio 1917. Nella notte sul 13 agosto 1917 il nemico in una nuova incursione nel cielo di Venezia colpiva presso San Giovanni e Paolo la Scuola Grande di San Marco adesso Ospedale Civile, uccideva e feriva i ricoverati, e faceva crollare il mirabile soffitto di legno intagliato eseguito tra il 1519 e il 1535 da Vittorio da Feltre e Vincenzo da Trento. Già l’11 luglio in un’altra incursione su Cividale aveva gittato una bomba su quel Museo Archeologico insigne per le sue raccolte d’arte medievale: ma il museo era vuoto. Delle recenti incursioni di aeroplani tedeschi e austriaci su Padova, qui è memorabile quella nella notte tra il 30 e il 31 decembre 1917 che abbattè il fastigio della facciata del Duomo, schiantò muri e pilastri all’ingresso del Museo Civico, squarciò le porte di bronzo della basilica del Santo, sconnesse le mura e danneggiò gli affreschi della vicina Scuola, fra i quali son celebri quelli di Tiziano e del Montagna.
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