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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu{{padleft:127|3|0]]Tasso legato con l’interposizione di carta in carta di fogli bianchi, dove avevo non solamente registrati i riscontri dei luoghi di concetti simili in quello dell’Ariosto, ma ancora aggiuntovi discorsi secondo che mi parevano questi o quelli dovere essere anteposti. Tal libro mi andò male, nè so in qual modo»[1]. Dunque il libro gli andò male fra il 1624 e il 1627; dunque non per averlo dato al Mazzoni, il quale, come abbiamo già detto, mori nel 1598.
Veramente l’originale di questo lavoro di Galileo è tuttavia sconosciuto, nè altra contezza si aveva del lavoro stesso all’infuori delle surriferite, quando nella seconda metà del secolo passato l’abate Pier Antonio Serassi, autore della nota Vita di Torquato, si persuase di averlo scoperto in una Biblioteca di Roma, dalla quale ne trasse copia con animo di pubblicarlo qualora avesse avuto agio di contrapporre convenevoli risposte alle acerbe censure che in quello si contenevano. Ma passato di vita senza aver potuto mandare ad effetto il suo pensiero, e il medesimo essendo intervenuto al Senator Nelli, il quale, avuta copia della copia del Serassi s’era pure proposto di darla in luce[2], finalmente ciò potè venir fatto in Roma stessa, nel 1793, da Pietro Pasqualoni letterato romano, il quale premise allo scritto, che pubblicò sotto titolo di Considerazioni al Tasso, un erudito e diligente proemio, e lo fornì di brevi annotazioni, laddove gli parve non correr bene la censura[3].
- ↑ Questa lettera è la prima responsiva di Galileo al Rinuccini in tale argomento, e noi la rechiamo in fondo alle presenti Considerazioni, insieme all’altra del 19 maggio 1640, sebbene già pubblicala nel nostro settimo volume, come strettamente relative a questa materia.
- ↑ Vita di Galileo, pag. 481, not. 3.
- ↑ Che il Pasqualoni fosse quegli che pubblicò nel 1793, per le stampe del Paglierini, le Considerazioni al Tasso, sulla copia lasciatane dal Serassi e a lui partecipata da D. Baldassarre Odescalchi duca di Ceri, si ha dalle Effemeridi Letterarie stampate in Roma da Giovanni Zempel, Vol. 22,1793, a f. 394.