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quella città, quivi inviollo, dove cominciò gli studii di medicina et insieme della vulgata filosofia peripatetica. Ma il Galileo, che dalla natura fu eletto per disvelare al mondo parte di que' segreti che già per tanti secoli restavano sepolti in una densissima oscurità delle menti umane, fatte schiave del parere e de gl'asserti d'un solo, non poté mai, secondo 'l consueto degl'altri, darsele in preda così alla cieca, come che, essendo egli d'ingegno libero, non gli pareva di dover così facilmente assentire a' soli detti et opinioni delli antichi o moderni scrittori, mentre potevasi col discorso e con sensate esperienze appagar sé medesimo. E perciò nelle dispute di conclusioni naturali fu sempre contrario alli più acerrimi difensori d'ogni detto Aristotelico, acquistandosi nome tra quelli di spirito della contradizione, et in premio delle scoperte verità provocandosi l'odio loro; non potendo soffrire che da un giovanetto studente, e che per ancora, secondo un lor detto volgare, non avea fatto il corso delle scienze, quelle dottrine da lor imbevute, si può dir, con il latte gl'avesser ad esser con nuovi modi e con tanta evidenza rigettate e convinte: averando in ciò quel detto di Orazio:

Stimano infamia il confessar da vecchii Per falso quel che giovini apprendero.

Continuò di così per tre o quattr'anni, ne' soliti mesi di studio in Pisa, la medicina e filosofia, secondo l'usato stile de' lettori; ma però in tanto da sé stesso diligentemente vedeva l'opere di Aristotele, di Platone e delli altri filosofi antichi, studiando di ben possedere i lor dogmi et opinioni per esaminarle e satisfare principalmente al proprio intelletto.

In questo mentre con la sagacità del suo ingegno inventò

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