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Comandò i cavaleggieri di Leone X, atterrì gli spagnuoli che correano l’Italia, e morì sul campo di battaglia nel fior dell’età procacciando con la sua fama il trono della Toscana al suo figliuolo Cosimo primo granduca. Ma chi fra’ nostri scrittori celebrò il nome di questo giovine eroe? Per coronare una tomba italiana io devo cogliere i fiori in terre straniere[1].
IV. Giova dire dell’uso di due cavalli per cavaliere, uso celebrato sino da’ tempi antichissimi e dismesso da noi: Numidae.... quibus, desultorum in modum, binos trahentibus equos inter acerrimam saepe pugnam in recentem equum ex fesso armatis transultare mos erat [2]. Siffatti cavalieri eran detti άμφίπποι nella tattica antica perchè i combattenti saltavano da un cavallo su l’altro [3]: costume serbato da’ Tartari e prescritto dal Montecuccoli [4]. Oltre a’ due cavalli ogni archibugiere italiano aveva un palafreniere e un ronzino al modo del soldato lacedemone che in guerra era servito da un iloto. Sino a tutto il secolo XVI la cavalleria eletta componeasi di gentiluomini militanti a loro spese, seguitati da’ servi e scudieri, i quali fuor di fazione portavano su ronzini l’armatura de’ loro signori. Quantunque dopo quel tempo la cavalleria tutta toccasse stipendi, serbavansi i ronzini e i garzoni per servizio de’ corazzieri[5], e la cavalleria secondo il Melzo doveva essere composta di cittadini nè frammista a gente di contado. Onde anche il Montecuccoli parla di garzoni e ronzini; e quasi fino a’ dì nostri al soldato di cavalleria grave restava in Francia il titolo di maître.
- ↑ «Giovannino de’ Medici avea tutte le virtù d’un grande capitano, e fu stimato e compianto come il maggiore de’ guerrieri di tutta l’Italia». Brantôme, Memorie di Giovannino e di Cosimo . —Datosi alle armi dalla prima gioventù, divenne il più celebre guerriero che l’Italia avesse prodotto mai». Roscoe, Life of Lorenzo de’ Medici, c. 10, su la fine.
- ↑ Livio, Hist., lib. XXIII, cap. 29
- ↑ Di doppio cavallo; Arriano, libro tattico, cap. 3.
- ↑ Aforismi, cap. 16, paragr. 4.
- ↑ Melzo, capit. 3, in fine.