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3 ottobre.

Noi sappiamo molte cose che nella pratica della nostra vita non si realizzano nella stessa forma. L’uomo d’azione non è l’ignorante che si butta allo sbaraglio dimenticandosi, ma l’uomo che ritrova nella pratica le cose che sa. Cosí il poeta non è l’inetto che indovina, ma la mente che incarna nella tecnica le cose che sa.

Da «29 settembre» consegue che odiare è necessario. Ogni contatto con una nuova realtà comincia con l’odio. L’odio è un presupposto della conoscenza. I disagi pratici non sono odio se non in quanto escono dalla sfera dell’interesse e diventano riluttanza davanti a un ignoto, cosa che in grado maggiore o minore accade in ogni caso.

(Cfr. 21 settembre, IV). La difficoltà del tempo nella narrazione consiste nel trasformare il tempo materiale, monotono e bruto, in un tempo immaginario tale che abbia, però, la stessa consistenza dell’altro.

La falsità eterna della poesia è che i suoi casi avvengono in un tempo diverso dal reale.

5 ottobre.

L’offesa piú atroce che si può fare a un uomo è negargli che soffra.

Come non si pensa al dolore degli altri, si può non pensare al proprio.

8 ottobre.

[......][1].

  1. Omesse due righe [N. d. E.],
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