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1939 | 141 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Pavese - Il mestiere di vivere.pdf{{padleft:145|3|0]]
Le religioni e le dottrine pretendono tutte che si possa insegnare non solo il passaggio alla consapevolezza, ma il suo contenuto — e siccome ciò non basterebbe, hanno tutte un argomento di grazia, d’intuizione, d’entusiasmo, che supplisca al calore sprigionato dall’incontro dell’inconscio con la realtà.
5 febbraio.
Credere alle cose vuol dire lasciar sussistere qualcosa dopo la propria morte, e avere, in vita, la soddisfazione di venire a contatto con ciò che sussisterà ancora dopo di noi.
Ma ci soddisfa pensare che le cose esistevano prima di noi e che vivendo veniamo a contatto con ciò ch’era prima? La stessa magra soddisfazione avremo dopo morti sapendo che qualcosa continua a essere[1].
7 febbraio.
Quelli che si dimostrano in gioventú passionalissimi, solitamente hanno una maturità di scettici; gli scettici giovani, invecchiando incappano in qualche ingenuità sessuale. Byron è il tipo dei primi; Swann dei secondi. Non si può conoscere uno solo dei due atteggiamenti: l’uno genera fatalmente l’altro.
24 novembre ’38: i giovani non sanno che gli altri sono altri, maturo è chi distingue tra sé e gli altri. Come si spiega allora che le civiltà sul nascere credono all’oggettività del mondo, e decadendo inventano l’idealismo?
Cosí: l’oggettività del mondo è ottenuta animando il mondo, credendo alla sua mistica oggettiva unità organizzata; l’idealismo, isolando l’io tra vuote parvenze formali (gli altri dell’uomo maturo).
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Sul manoscritto leggiamo: esistere [N. d. E.]. essere