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1940

1° gennaio.

Poco di fatto. Tre opere: Le due stagioni e i Paesi tuoi, e il Carrettiere.

I due racconti sono cosa del passato: valgono forse in quanto mi sono cavato la voglia e provato che so volere uno stile e sostenerlo, e basta. La poesiola è poca, ma forse promette avvenire. Chiudo sperando di tornarci ora, ringiovanito dalla molta analisi e dalla purgazione degli umori narrativi.

Di pensieri non mi sono piú espanso molto su queste pagine, ma in compenso ne ho colti diversi maturi e ricchi e, piú che tutto, mi sono allenato a viverci con agilità. Chiudo il ’39 in uno stato di anelito ormai sicuro di sé, e di tensione come quella del gatto che aspetta la preda. Ho intellettualmente l’agilità e la forza contenuta del gatto.

Non ho piú smaniato. Sono vissuto per creare: questo è acquisito. In compenso ho molto temuto la morte e sentito l’orrore del corpo che può tradirmi.

È stato il primo anno della mia vita dignitoso, perché ho applicato un programma.

Artisti come Dante (lo Stilnuovo), Stendhal[1] e Baudelaire sono dei creatori di situazioni stilistiche: sono gente che non cadono mai nella bella frase, perché concepiscono la frase come creatrice di situazioni. Non danno mai nello sfogo, perché per loro riempire una pagina è creare una situazione mentale che si svolge in un

  1. Nel manoscritto leggiamo:Dostoievskii?[N. d. E.].
    Shakespeare?
    Stendhal
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