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1937

8 gennaio.

Gli sbagli sono sempre iniziali.

13 gennaio.

I vecchi e i giovani[1] è un romanzo sbagliato perché, farcito di antefatti e spiegazioni sociali e politiche che dovrebbero farne un poema morale di idee in organismo e sviluppo drammatico, si frantuma invece in figure che hanno per legge interiore la solitudine e concludono ognuna — con la logica della solitudine — alla pazzia, all’inebetimento, al suicidio o alla morte senza eroismo. Tutte sono deformate in un ticchio, in un abito interiore, che tende a esprimersi o in monologo o in macchiettata.

Manca al racconto un ritmo di alternanze di prosa stesa e di dialogo; e non c’è la forma della solitudine se non per ciascun personaggio in separata sede; manca l’epopea del mondo di solitari. Anche, ogni personaggio separato, è dall’esterno costruito di antefatti, di analisi, di uscite, che non hanno un ritmo; si sente che l’autore butta giú con calcolo logico molta roba a giustificare i momenti in cui il solitario culmina e s’esprime, talvolta molto efficacemente.

La prova dell’essenziale composizione a freddo è lo stile, lucido, vitreo, anche se ogni tanto si colora di passionali scatti. Sono calcolati, ragionati, anche questi.

  1. Di Luigi Pirandello [N. d. E.].
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