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CCXXXII

Di un breve contro la peste, da portarsi al collo.

Andai, di recente, a Tivoli, per vedere i figliuoli che io avevo colà mandati dalla città per causa della peste, e udii là narrare una cosa che non è indegna di riso e di esser messa fra queste fiabe. Pochi giorni prima, un frate, di quelli che vanno attorno (si cominciava già a temere della peste) prometteva di dare un di quei che chiamano brevi da portare al collo, e chi l’aveva non sarebbe morto di peste. Quella sciocca plebe, mossa da questa speranza, spesero i danari che avevano a comprare i brevi, e se li attaccarono al collo con un filo. Il frate aveva prescritto di non aprire il breve che dopo quindici giorni; se l’avessero fatto prima, avrebbe perduta la sua virtù; e dopo aver fatti molti denari, se ne andò. I brevi poi furono letti, per desiderio che gli uomini hanno di conoscere le cose celate; ed in essi era scritto in volgare.

Donna, se fili e cadeti lo fuso
Quando te fletti tien lo culo chiuso.[1]


Questo supera tutte le prescrizioni dei medici e tutte le medicine.


CCXXXIII

Del Cardinale Angelotto cui aprirono la bocca

invece di chiuderla.

Angelotto Romano, uomo loquace e mordace, non la perdonava ad alcuno. Quando per colpa dei tempi, per non dire per la stoltezza degli uomini, egli fu fatto Cardinale, una volta, come è costume, nel concistoro


  1. In italiano nell’originale.
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