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il milione 121

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LXXXVIII (CIV)

Della caritá del signore.

Or vi conterò come il Gran Cane fa caritá alli poveri che stanno in Cambalu.[1] A tutte le famiglie povere della cittá, che sono in famiglia sei o otto, o piú o meno, che non hanno che mangiare, egli li fa dare grano e altra biada: e questo fa fare a grandissima quantitá di famiglie. Ancor[2] non è vietato lo pane del signore a niuna persona che voglia andare per esso. E sappiate che ve ne vanno ogni di piú di trentamila; e questo fa fare tutto l’anno. E questo è gran bontá di signore; e per questo è adorato come iddio dal popolo. Or lasciamo della cittá di Camblau (Cambaluc), e entreremo nel Cattai per contare di gran cose che vi sono.

LXXXIX (CV)

Della provincia del Cattai (Catay).

Or sappiate che il Gran Cane mandò per ambasciadore messer Marco verso ponente[3]: però vi conterò tutto quello che vidde in quella via andando e tornando. Quando l’uomo si parte di Camblau, presso alle dieci miglia si truova un fiume ’l quale si chiama Pulinzanchiz (Pulisanghin). Lo quale fiume va insino al mare occeano, e quindi passano molti mercatanti

  1. Pad. á fato le schiere (Fr. fait eslire) de tute le famiglie povere.
  2. Berl. Pad. tuti quali che vuol andar ala corte soa per el para, vano, e vien-inde dado e non è vedado a niuno.
  3. Pad. * e io me parti de Canbelu e andi per ponente beni quatro mesi.
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