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60 | la fontana di bakcisarai. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu{{padleft:103|3|0]]
canzone tartara.
I.
Largisce il cielo agli uomini il compenso delle pene e delle lacrime: beato il Fachir[1] che vede la Mecca nei tristi anni della sua vecchiaia.
II.
Beato colui che s’illustra morendo sulle gloriose sponde del Danubio: una celeste fanciulla gli volerà incontro, sorridendo d’amore.
III.
Ma più beato assai, o Zarema, colui che ebro di calma e di mollezza ti accarezza come rosa, nel recinto dell’harem.
Esse cantano. Ma dov’è Zarema la stella dell’amore, la perla dell’harem? Afflitta e pallida non ode le sue lodi; come una palma rabbuffata dai venti, essa piega la giovine testa; più niente può piacerle. Ghirei è cambiato! Ghirei non l’ama più.
Ma qual è la donna che ti si possa anteporre, o Zarema? I bruni capelli ti cingono due volte la nivea fronte; gli occhi tuoi son più chiari del giorno, più neri della notte. Qual voce sa meglio della tua esprimere gli slanci delle focose passioni? Qual bacio tenero è più vivo delle tue carezze? Come mai un
- ↑ Sorta di monaco che fa voto di povertà.