Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
100 | eugenio anieghin |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu{{padleft:141|3|0]]ci incutono più che disprezzo; tranquilli alfine non senza fatica, ci dilettiamo talvolta d’udire la descrizione delle passioni altrui. Pare che tal pittura ci rinverdi e ci ringiovanisca. Così il vecchio invalido obliato in fondo al suo tugurio, porge volentieri orecchio ai racconti dei militi novizi che tornano dalla guerra.
La bollente gioventù non sa celar nissuna cosa; è sempre pronta a confidare i suoi odii e i suoi amori, i suoi affanni ed i suoi gaudi. Anieghin, veterano dell’esercito d’amore, accoglieva a muso serio le confessioni del poeta, il quale, devoto alla religione del cuore, svelava con ingenuità ogni ripiego della sua coscienza. Eugenio in breve fu istruito di tutti i suoi secreti teneri e dolci, secreti che già da un pezzo ci son noti.
Lenschi amava come più non s’ama, come i poeti soli sono ancora capaci d’amare. Sempre, dappertutto, un sol pensiero, un sol desire, un sol tormento gli occupava l’animo. Nè il gelo della lontananza, nè i lunghi anni dell’assenza, nè le ore dedicate alle muse, nè la vista dei paesi forestieri, nè lo strepito delle feste, nè lo studio delle scienze, poterono alterare i sentimenti suoi puri e virtuosi.
Appena adulto, ancora ignaro dei perigli delle passioni, s’invaghì della vezzosa Olga di cui divideva le cure e i trastulli infantili sotto il baldacchino dei boschetti ombrosi. I parenti e gli amici, vedendo il mutuo affetto dei due pargoletti, già li predicevano e incoronavano sposi.[1] Olga, tutta spirante bellezza
- ↑ Nella cerimonia del matrimonio, secondo il rito greco, si mette una corona di fiori sul capo degli sposi.