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186 eugenio anieghin

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu{{padleft:227|3|0]]società oligarchiche, la calma d’una nobile alterigia e quella confusione di qualità e di età diverse.

Ma chi è costui che se ne sta muto e tetro nella folla loquace e scintillante? Sembra straniero a tutti. Passano innanzi a lui tutte quelle figure come una serie di noiose apparizioni. Gli sta impresso in fronte lo spleen o l’arroganza afflitta. Perchè trovasi egli qui? Sarebbe forse Eugenio?.... Possibile!...

“Sì, è desso.”

“Da quando in qua tornò? È sempre lo stesso originale o s’è corretto? Ditemi, perchè mai torna a star fra noi? Che parte vuol fare, che personaggio vuol rappresentare da vero commediante ch’egli è? Farà il Melmoth, il Cosmopolita, il Patriota, il Childe Harold, il Quacchero, il Tartufo? Che maschera presceglierà?... O forse si contenterà d’essere un galantuomo come voi ed io, come tutti siamo?”

“Comunque sia, io gli darò almeno il consiglio di rinunziare a quella moda rancida. È assai lungo tempo ch’egli gabba il mondo...”

“Lo conoscete?”

“Sì, e no.”

“Perchè dunque lo trattate con tanta acrimonia?”

Forse perchè ci travagliamo indefessamente a giudicar di tutto; perchè l’imprudenza d’un’anima focosa o ferisce o allegra la nullità[1] egoistica; perchè lo spirito amante di libertà e di spazio, forza gli altri a fargli posto; perchè troppo spesso acconsentiamo ad accettar ciarle per fatti; perchè la stoltezza è credula e maligna, perchè le cianciafruscole hanno importanza per gli uomini d’importanza, e perchè la

  1. Perdonino i puristi questo neologismo.
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