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I.


I Circassi disoccupati siedono a crocchio sulle soglie dell’aul.[1] I loro ragionamenti versano intorno ai pericoli della guerra, alla bellezza dei destrieri, alle delizie della vita alpestre; narrano le loro incursioni nei paesi nemici, i tremendi rovesci delle loro sciabole, l’agilità delle loro frecce inevitabili, gli stratagemmi de’ loro accorti capitani, la distruzione dei borghi incendiati e le tenere carezze delle captive dalle pupille nere. Così van discorrendo in mezzo al silenzio della notte, e intanto la luna albeggia fra i vapori. Ma tutto a un tratto ecco comparire un cavaliere che strascina dietro a sè un giovine prigioniero legato ad una fune. "È un Russo!" esclama il Circasso vincitore. A quel grido tutto l’accampamento accorre in furia, e ogni cuore freme di vendetta. Il prigioniero muto, intirizzito, giace immobile colla testa bassa e mal concia; non mira i suoi nemici; non bada alle minacce nè alle strida; l’ombra della morte sembra che già imbruni la di lui faccia e un feral gelo gli serpe per l’ossa.

Rimane steso a terra, abbandonato e solo. Verso mezzo giorno, una lieta scintilla di sole gli irradia la

  1. Aul chiamano i Circassi i loro accampamenti o villaggi.
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