Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
prefazione | 55 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu{{padleft:96|3|0]]
IV.
le tombe dell’harem.
(Mirza parla al Pellegrino.)
Un grappolo immaturo della vigna d’amore fu qui colto per la mensa d’Allah. Qui il nero feretro, conca dell’eternità, furò giovani ancora e precipitò nelle tenebre le perle orientali, delizia e tesoro del mare.
Il velo dell’oblio e del tempo le involve; un turbante scolpito sulla loro fossa riluce nella campagna simile alla bandiera dell’esercito delle ombre, e appiè della lapida appena rimangono le iscrizioni incise dalla mano d’un giaur.[1]
O rose dell’Eden! I vostri giorni si sfiorarono sul rio di purità, sotto le fronde del pudore, ascose per sempre agli occhi degli infedeli.
Adesso gli sguardi dello straniero contaminano le vostre tombe e io lo permetto. Perdona, o gran profeta! Solo l’occhio di quello straniero le mira con lacrime.
- ↑ Un infedele, un miscredente.