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prefazione 55

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IV.

le tombe dell’harem.

(Mirza parla al Pellegrino.)

Un grappolo immaturo della vigna d’amore fu qui colto per la mensa d’Allah. Qui il nero feretro, conca dell’eternità, furò giovani ancora e precipitò nelle tenebre le perle orientali, delizia e tesoro del mare.

Il velo dell’oblio e del tempo le involve; un turbante scolpito sulla loro fossa riluce nella campagna simile alla bandiera dell’esercito delle ombre, e appiè della lapida appena rimangono le iscrizioni incise dalla mano d’un giaur.[1]

O rose dell’Eden! I vostri giorni si sfiorarono sul rio di purità, sotto le fronde del pudore, ascose per sempre agli occhi degli infedeli.

Adesso gli sguardi dello straniero contaminano le vostre tombe e io lo permetto. Perdona, o gran profeta! Solo l’occhio di quello straniero le mira con lacrime.



  1. Un infedele, un miscredente.
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