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LETTERE




Leggete, Alamanno, poi che voi lo desiderate, le fatiche[2] d'Italia di dieci anni, e le mie di quindici dì. So che v'increscerà di lei e di me[3], veggendo da quali infortunii quella sia stata oppressa, e me aver voluto tante gran cose in si brevi termini restringere. So ancora escuserete l'uno e l'altra; lei[4] con la necessità del fato, e me colla brevità del tempo, che mi è in simili ozi concesso. E perchè voi, col mantenere la libertà d'uno de' suoi primi membri, avete sovvenuto[5] a lei, son certo sovverrete ancora a me, delle sue fatiche recitatore; e sarete contento mettere in questi miei versi tanto spirito, che del loro gravissimo subietto e dell'audienza vostra diventino degni. Valete.

Die 9 novembris 1504.


  1. ARG. Gli dedica i suoi Decennali o Compendio delle cose fatte in dieci anni in Italia (*).

    (*) Eccone il principio:

    Io canterò l’italiche fatiche
    Seguite già ne’ duo passati lustri
    Sotto le stelle as suo ben inimiche.
    Quanti alpestri sentier, quanti palustri
    Narrerò io, di morti e sangue pieni,
    Pel varïar de’ regni e stati illustri!

  2. ...decennales Italiæ labores, nostri opus quindecim dierum.
  3. Italiæ nostrique vicem dolebis
  4. ...alteram fati necessitate, alterum angustia temporis,
  5. ...ipsi labanti non defuisti, narranti mihi non defuturum; adeo ut tum... tum... digna...
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