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SONETTO
contro un anonimo che fece la burla
del telegramma[1]
O scellerato che tirasti su
Quel genitor che il cielo a me largì,
Hai ben ragion che sei non si sa chi
4E il telegramma senza il nome fu!
Empio, domanda pure a chi vuoi tu
Se son cose da far quelle che lì,
Che sta sicuro che se fosti qui
8Staresti un pezzo di non farne più.
Che colla forza la maggior che ho
Ti vorrei scorticar da capo a piè
11E con la pelle tua farmi un paltò!
Nessun ti salverebbe, a meno che
Fosti bello e robusto anzichenò
14E promettesti di sposarmi me.
- ↑ L’ottimo Signor Pietro Sbolenfi si portava candidato alla Deputazione in tutti e tre i Collegi di Bologna. Il vero merito non è mai conosciuto e lo Sbolenfi rimase a terra. Un malvagio, rimasto avvolto nelle ombre del mistero, telegrafò allo sconfitto candidato che invece la sorte gli aveva sorriso. La famiglia quasi impazzì di gioia, il Signor Pietro diede le dimissioni dal suo impiego di ff. di inserviente di III classe e si trovarono sul lastrico. Onta sul cranio indegno che pensò simile orrore!
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