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IL CONCETTO DI SPECIE IN BIOLOGIA.


II. - La critica post-darwiniana.


Tutti i problemi che si riferiscono alla specie furono messi in nuova luce dalla teoria della discendenza. Fra questi, come dissi nella prima parte di questo articolo, il problema della variabilità e quello delle leggi dell’eredità.

Negli ultimi anni del secolo scorso e in questi primi del nostro, botanici e zoologi si sono dedicati con metodi rigorosi all’analisi di questi problemi e sono arrivati a risultati di grandissima importanza, sia dal lato teorico, che da quello pratico. Per l’indole e per le proporzioni di questo articolo, debbo limitarmi a qualche breve cenno intorno alle nuove ricerche, e solo in quanto esse hanno diretto rapporto col nostro argomento.

Due scienziati, a mio parere, hanno portato il miglior contributo alla soluzione dei problemi cui testè alludevo; uno zoologo, il Heincke, e un botanico, il de Vries. Nel campo della sistematica, le loro opere rappresentano il principal contributo positivo del periodo di critica post-darwiniano[1].

Il prof. Federico Heincke, direttore della Stazione biologica di Helgoland, pubblicò nel 1898, la prima parte di un lavoro sulla «Storia naturale dell’Aringa», sotto il titolo: «Le forme locali e le migrazioni dell’Aringa nei mari europei».

  1. Pur non potendo, data l’indole e i limiti di questo articolo, abbondare in citazioni e analisi di lavori, voglio qui rilevare come in Italia il problema della variabilità sia stato ampiamento trattato dal Camerano nel suo pregevole lavoro Ricerche intorno alla variazione del Bufo vulgaris (in Mem. R. Accad. di Torino, serie II, Vol. L) nel quale si trova un’interessante discussione intorno al concetto di specie. Un passo di questa è anche riportato nell’opuscolo già citato del Belli.
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