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medaglie italiane del 1889 469

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rivista italiana di numismatica 1890.djvu{{padleft:486|3|0]]che il cavallo fu tolto ad insegna da quei magnati, che abitando le regioni più antiche di Napoli, s’aveano arrogata dal tempo dei Duchi un’assoluta ingerenza nel governo, e che, come soli rappresentanti della città, contrastavano e contrastarono dopo lungamente, per escluderne le altre classi[1].

Cosi per via d’una trasformazione conforme alla diversa qualità dei tempi, il simbolo cittadino si sostituì al simbolo religioso, l’effigie del cavallo all’effigie di S. Gennaro; e, con pid evidente significato, il nuovo tipo venne impresso sulle monete, allorché per l’ultima volta si tentò di ricostituire la municipale autonomia.

Prima che questo avvenisse, un maggior lustro aveva acquistato la zecca napoletana. L’anno 1190, tra i molti privilegi concessi alla città, il re Tancredi le permise di facere monetam argenti per se[2]. Ed io ho per certo che quel privilegio mirò ad ampliare l’esistente prerogativa di battere moneta di rame, e non a farla rivivere, perchè interrotta. Ma, a giovarsene, mancò il tempo. L’odio di Arrigo VI, e la gelosa cura con la quale Federico II attese a rivendicare a sè i dritti di Regalia, privarono Napoli di quella e di ogni altra franchigia. Perciò la città mostrossi sempre avversa alla Casa di Svevia. E quando Federico soggiacque nella tragica lotta contro il Papato, istigata, lusingata da Innocenzo IV, essa fu tra le prime a ribellarsi; e nobili e popolo s’accordarono, ordinandosi a Comune.

[3]

  1. Nel laudo che nel 1338 fu pronunciato da Roberto d’Angiò per porre pace tra i Seggi di Capuana e Nido, qui gloriantur se esse meliores, e gli altri Seggi, il re stabili che una terza parto degli oneri e degli onori dovessero attribuirsi ai primi. Ma le contese si ravvivarono ancora al tempo di Giovanna I. (Summonte, Tom. III).
  2. Privilegium concessum civibus Neapolitanis per gloriosissimum dominum nostrum Tancredum, ecc. Capasso, Op. c., pag. 783.
  3. sito e lodi della città di Nap., pag. 64), asserì che la testa di bronzo esistente nel palazzo del Duca di Maddaloni, potesse essere reliquia di quel cavallo. Questa testa conservasi nel Museo di Napoli, ed è ora provato che essa fu opera del Donatello. V. Filangieri, La testa del cavallo di bronzo, ecc. (Arch. Star. per le prov. Napol., Tom. VII, pag. 407).
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