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rappresentazione di abramo e agar. 15

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Poi quando il volli dal latto levarlo,

Per gran letizia tu volesti fare
Un bel convito, e a mensa onorarlo
Chi si venne con teco a rallegrare.
Ma dimmi, sposo mio, se gli è onesto,
Qual fin t’ha mosso a dirmi or così questo?
Risp. Abraam:La ragion vuol che a quel che più si doni
Tanto al dator fien più quelli obligati;[1]
Però avendo da Dio si magni doni,
Vorrei che alfin noi non fossimo ingrati,
Chè Dio dà e’ figliuoli acciochè buoni
Principalmente que’ sieno allevati;
E’ padri che v’han poca diligenzia
È un dare a’ figliuoi del mal licenzia.
  E dalla parte mia non ha a restare;
Ma tu ancor, si come dolce madre
Che han più spesso e’ figliol seco a parlare
E con più sicurtà che col lor padre,
Custodiscilo in modo nel ben fare
Che tu il conduca in ciel fra l’alte squadre,
Che Dio sotto figura della terra
Di Canam m’ha promesso, e mai non erra.
  Sarra risp.:Certo, veder più presto il cuor disia
Corporalmente il mio figliuol morire
Che viver ricco, sano, e per la via
D’infideltà e’ peccati seguire;
E non resterò mai in vita mia
Di fargli il bene e le virtù fruire.
Abraam risp.:E così credo, anzi certo ne sono.
E odi quanto Dio vuole et è buono.
  Et verbo eterno, el qual debe pigliare
Del nostro seme umana carne in terra,
Per esser redentore a liberare
L’unirne nostre dalla infernal guerra,
Prima comincierà a operare,
E poi insegnare a qualunque uom che erra,
Chè chi col dire insegna e non fa l’ opre
Poco giova a chi ode, e ’l falso scuopre.
Però credendo a tal redenzïone,

  1. Intendi: la ragione vuole che quegli a cui più è donato, tanto più obbligato al datore.
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