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Hubera; nec magnos metuent armenta leones;
Agnaque per gladios ibit secura nocentes[1].
Poich’ebbe compiuta e pubblicata quest’Opera venne onorato con altro magnifico Breve dal Papa Clemente VII.[2], il quale ne esalta a cielo non meno l’ingegno, che la pietà, e la religione. Quasi tutti i letterati, e moltissimi Grandi di quella età fecero eccheggiare l’Europa delle sue lodi, e il Poema del Parto della Vergine venne universalmente insignito col titolo di divino[3].
Ma in mezzo agli enfatici panegiristi non mancarono al Sanazzaro nemmeno i detrattori. Tra gli altri l’inesorabile Scaligero, mentre ammira per una parte l’eleganza e l’armonia de’ suoi versi, lo riprende per l’altra di aver profanato il Cristiano argomento colle favole del Gentilesimo, e frammischia e agli Angeli ed ai Santi le Driadi e le Napee, e fatta predire la incarnazione del Verbo al multiforme Proteo, e non al Re Salmista e Profeta[4].
Si studia il Gravina di giustificarlo dicendo: che queste persone della favola altro non sono che varj effetti della natura[5]. Per menargli buona una tale discolpa converrebbe ch’esistesse una generale convenzione di consi-