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lettere di fra paolo sarpi. | 103 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:111|3|0]]bene quel che sarà disposto dalla Maestà sua divina.
Quanto alle cose d’Italia, sono in molta confusione. Il papa si fatica acciò non sia guerra, e vorrebbe accomodare Savoia con Spagna: il che credo che in fine succederà, e poi Savoia penserà a Genova e il papa a Venezia: quale non si può fare capace che convenga pensare a ciò, ma ostinatamente sta in opinione di non essere in alcun pericolo, con tutto che siano così manifesti, che sarebbono veduti dalli ciechi. Il che mi fa dubitare che sia abbandonata dalla divina assistenza e acciecata, sì che non vegga la luce del mezzo giorno. Ma poichè in ciò non ho altra voce che querulosa, è bene che me ne taccia.
Quanto alle cose di Francia, grandemente mi allegro che passino bene: se bene mi spaventa un tanto numero d’anni che passerà sotto la minorità del re; vedendo, massime, li partiti già formarsi, e li Gesuiti più insolenti e arditi che mai. Se questo ultimo non fosse, vorrei sperare che gli altri incontri potessero esser superati o temporeggiati dalla prudenza della regina: ma questo è insuperabile, perchè dove tanti sono risoluti a far male, è verisimile che se non oggi nè domani, almeno l’altro giorno riesca ad alcuno. L’intenzione di Spagna non è se non di dividere cotesto regno; avendo tanti ministri così sagaci e così audaci. La sola protezione divina la può preservare.[1] Il vedere che la regina ammette monachi e Gesuiti, e che tiene poco conto del Parlamento, non sono troppo buoni indizi.
- ↑ Intendasi, la Francia.