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lettere di fra paolo sarpi. | 115 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:123|3|0]]fino all’intendere del suo ritorno, del quale mi dà avviso per quella delli 18 agosto.
Io non soglio mai conservar lettera alcuna degli amici, per tutti quei rispetti che possono occorrere nelli tempi seguenti; ma dopo lette, le dissipo tutte: da che viene che domandandomi V.S. conto, alcune volte dopo lungo tempo, delle ricevute, non glielo posso dar così sicuro. Per l’avvenire, io voglio tener nota della data delle sue, e del giorno che le rispondo; acciò, occorrendo, possi levar qualche suspicione di perdita di lettere, che nascesse in Lei o in me: perchè, veramente, questa è cosa gelosa; e poichè fino al presente tutte sono capitate, è bene anco esser certo di quel che succederà all’avvenire.
Io non ho preso quel dispiacere del particolare che mi scrive, cioè non sentir gran profitto delle acque di bagni, che averci sentito se non fossi persuaso che la verità di simile medicamento non opera effetti sensibili, se non dopo qualche tempo. Mi giova di credere che V.S. sentirà giovamento alla primavera; massime se passerà questo tempo senza disordine nella regola di vivere. Io non parlo quanto al cibo solamente, ma quanto al sonno e vigilia e moto e quiete, e affetti dell’animo, che più del tutto importa.[1]
Fra tutte le cose che occorrono in Francia, nessuna mi porta maggior meraviglia, quanto la concordia tra Condé e Guise; e sto in qualche dubbio, che dal canto del secondo non vi sia tutta la realtà. Quella casa mi è tutta sospetta. Anco Giovilla pro-
- ↑ Ed eccoci il Sarpi, omniscio (secondo i biografi), eccolo mostrarsi esperto, o (se ciò troppo paresse) illuminato abbastanza nelle cose della medicina.