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128 | lettere di fra paolo sarpi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:136|3|0]]na, prevalendo alla mia volontà. La prego almeno di scusare quanto ho scritto senza cura veruna. Duolmi delle vicende del signor Casaubono;[1] ma bramo ch’egli voglia rassegnarsi al divino beneplacito, imperocchè spesso le cose avverse si mutano in meglio, e le desiderate in peggio. Nessuno può sapere a qual fine Iddio abbia destinato i casi che testè sono accaduti. Noi dobbiamo, come uomini, indirizzare a lui le nostre preghiere; e dobbiamo soffrir con pazienza, quando non voglia esaudirci per ragioni che da lui stesso dipendono. La prego di consolare a mio nome l’amico, persuadendogli di sperar cose migliori, e che le avversità presenti, per gravi che sieno state, si volgeranno in bene. Ancora le raccomando di salutarmi in particolar modo il signor Gillot, che io stimo e venero con tutto l’animo; siccome chiedo da Dio che feliciti ambedue in ogni momento della loro vita. Stia sana.
- Di Venezia, il 14 settembre 1610.
CLIII. — Al medesimo.[2]
Io credeva che i Gesuiti fossero trattenuti in Francia dalla sola volontà del re, pocanzi defonto. Ora che, lui morto, li veggo osar più e maggiori cose, temo vie più per voi, per la vostra chiesa e
- ↑ Il Casaubono, di religione riformata, dopo la morte di Enrico IV, che lo aveva fatto suo bibliotecario, fu esposto all’intolleranza dei sedicenti ortodossi, e dovè ritirarsi in Inghilterra. Vedi anche al principio della pag. 113.
- ↑ Stampata come le altre, in latino, tra le Opere dell’Autore, pag. 91.