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lettere di fra paolo sarpi. 155

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Io vivo assai contento, non perchè vegga le cose andar come desidererei, ma perchè, per la suddetta causa, lascio scorrere le cose con solo desiderio che tutto sia a gloria di Dio. Il quale anco prego che doni a V.S. ogni contento d’animo e ogni vero bene; e per fine di questa, le bacio la mano.

Di Venezia, il 26 ottobre 1610.




CLIX. — Al medesimo.[1]


Le lettere mie del precedente dispaccio, per l’assenza del signor ambasciatore Foscarini, non saranno capitate a V.S. nel tempo ordinario: spero però che non saranno smarrite. In quelle le diedi conto di aver ricevuto le sue delli 29 settembre; siccome per lo spaccio presente ho ricevuto le ultime, che sono delli 11 ottobre.

Se vogliamo pigliar le cose passate per argomento delle avvenire, avendo veduto cotesto regno in pessimo stato, e miracolosamente salvato, dobbiamo sperare che al presente ovvero si conserverà nel buono dove si trova, o se pur declinasse, più facilmente sarà restituito. Temo ben l’andata di Espernon a Roma; e mi ricordo, perchè io era là allora,[2] del molto male che fece Nevers vecchio, quando vi andò.

Osservo li andamenti di Condé, e mi pare che mirino a seguir li esempi de’ suoi maggiori, e ho


  1. Edita, come sopra, pag. 304.
  2. Fra Paolo erasi più volte recato a Roma, per uffici o incombenze risguardanti il suo Ordine; cioè nel 1585 e nel 1597. Vi soggiornò, la prima volta, per circa tre anni.
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