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lettere di fra paolo sarpi. 185

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CLXVII. — Al signor De l’Isle Groslot.[1]


Scrissi a V.S. per l’ultimo corriere sotto il dì 21 decembre, non essendo ancora giunto l’ordinario di costì; il quale arrivò otto giorno dopo, e mi portò quella di V.S. delli 23 novembre: e ieri giunse l’altro, che mi portò l’ultima sua delli 8 decembre. Questa m’ha significato il buon recapito della mia delli 28 settembre, che pensavamo perduta: di che ho sentito gran piacere, sebbene rammemorando il contenuto di essa, non mi pareva che vi fosse dentro particolare di gran momento.

Non pensavo di doverle scrivere per questo spaccio, credendo che il corriero il quale parte di qui non fosse per trovar in Parigi il signor ambasciator Foscarini; ma, fatto meglior conto, giudico che lo potrebbe anco ritrovare. Anderò nondimeno più sobrio per questo dubbio.

Le dirò prima, delle cose d’Italia, che ogni giorno ci assicuriamo più della pace, e già si dà principio a licenziar le genti. Ci resta pregar Dio, che la pace non ci riesca più dannosa della guerra, come diverse apparenze dimostrano che debba essere. Quando Spagna fosse occupata in Italia, non potrebbe attendere a coltivare le semenze e piante nascenti in Francia. Torino voleva guerra, ma è mancata da parte della regina di Francia, credo bene per ottime ragioni, conoscendo il suo male dal mandar il figlio in Spagna. Fu consiglio di Bouillon, e questo lo dico a V.S. per certo.

Quello ch’è successo per l’arresto contra il libro


  1. Dalla raccolta di Ginevra, pag. 328.
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