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190 | lettere di fra paolo sarpi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:198|3|0]]mezzo sicuro per inviar lettere alquanto libere; e perciò non so indurmi a finir questa, come presago che per qualche tempo non vedrò i suoi caratteri. Io mi affaticherò di trovare altro modo. La scongiuro frattanto di non cancellarmi dalla sua memoria; ma come si degnò già di amarmi, così voglia ciò fare in perpetuo. Le bacio le mani.
- Venezia, 4 gennaio 1611.
CLXIX. — A Giacomo Leschassier.[1]
Penso che la V.S. avrà ricevuto il libro del Bellarmino, che, fa ora un mese, le inviai. Io ebbi con le ultime sue lettere un esemplare dell’arresto, pronunziato da cotesto Senato dignitosamente, e come si conveniva alla libertà francese. Il Senato fece veramente gl’interessi dello Stato: voglia ora Dio che i successivi eventi fruttino a bene; poichè, quando quelli che dovrebbero sostenere i fondamenti del regno dànno opera a debilitarli, forza è ch’esso rovini. Oh! il Ciel volesse ch’io riesca profeta a rovescio. Ma basti di ciò.
Ho scritto a Roma e a Napoli per aver ragguaglio del decreto del vicerè napoletano. Di Roma mi rispondono che non ebbero sentore della cosa. Di Napoli nessuna replica. Al pari della S.V., io desidero un esemplare di siffatto decreto. Se pure è divulgato, son certo che costà ne sia corsa voce esagerata. Su quello che accadde in Napoli avrò di certo notizie, le quali parteciperò anche alla S.V.
- ↑ Edita come sopra, pag. 95.