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12 | lettere di fra paolo sarpi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:20|3|0]]non è da temere che alcun dì più cada, perchè li avversari hanno mutato opinione, e vogliono mettere in total oblivione le cose passate.
È vero che il signor de Champigny ebbe qualche difficoltà, non di riconoscere l’ambasciatore delli Stati (e questo non si metteva in dubbio), ma di onorarlo con la visita: il che era trattarlo di pari degli ambasciatori regii. Questa Repubblica l’ha conosciuto e trattato per tale, e l’istesso ha fatto l’ambasciatore del re d’Inghilterra. La difficoltà di Champigny nasceva perchè ne fu scritto di Francia, che li facesse onore conveniente a principe di quella qualità; parole che si potevano intendere in diminuzione e in augumento. È da scusare ognuno che non sa interpetrare oracoli.
Mi pare d’aver scritto un’altra volta a V.S., esser stato certificato che il libro De modo agendi Jesuitarum[1] fu composto da un Carlo Perkinson, il quale ancora vive in corte del re della Gran Brettagna: ma non è mai l’opera data alla stampa. Solo ne sono andati attorno alcuni esemplari manoscritti: per il che ho deposto il desiderio di averlo. Ma il Muranese non mancherà del suo dovere.
Ritornando alle turbazioni del mondo, quando la stagione non è da pioggia, le nuvole non pronosticano acqua. Questo secolo è una stagione di pace: però, con tutte le provvisioni, spero che vedremo ogni cosa risolversi in grande serenità. Non fu manco vicino alla rottura nel tempo che V.S. stava qui, di quel ch’è adesso: quella si racconciò; si farà l’istesso adesso per mano del medesimo medico. Ma
- ↑ Vedi tom. I, pag. 101 ed altrove.