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192 lettere di fra paolo sarpi.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:200|3|0]]plari già disseminati, che l’ottenuta proibizione equivarrà alla pioggia dopo l’incendio. Ad essi non piacerebbe che la morte del gran re, venuta in conseguenza delle massime da loro insinuate, quando non ci avessero altresì potuto le fraudi, fosse senza frutto; e tutto adesso imprendono perchè venga alle loro mani la preda agognata. Piccolo, invero, è il mondo a tanta ingordigia; ma sanno ben essi distribuire le loro rapine a seconda dei tempi. Non so a qual gente accennino da prima, se a noi o voi; ma certo ad ambedue le parti hanno del pari volto l’intento. Veggono invendicato l’eccidio del re, e tanto più s’affidano che tornerà a loro vantaggio. Ma tutti i disegni umani sono moderati dai voleri celesti, e spero in Dio ch’essi debbano effettuar molto meno di quello a che aspirano. E supplico la Divina Maestà che Lei serbi perpetuamente in salute, al servigio della Chiesa e dello Stato, e all’amore ch’io le porto. Le bacio le mani.

Venezia, 4 gennaio 1611.




CLXX. — Al medesimo.[1]


Finalmente mi ha risposto da Napoli l’amico al quale avevo domandato se alcuna novità fosse stata ordinata dal conte di Lemos circa l’exequatur regio, che io aveva udito essere stato esteso anche a quelli che esercitano l’incarico di predicatori e di confessori. L’amico mi scrive, esser costume in Madrid, e dovunque vada la corte del re di Spagna, che i predicatori non chiedono la licenza di predi-


  1. Edita come sopra, pag. 96.
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