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lettere di fra paolo sarpi. 195

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Barbarigo ha sentito un grandissimo disgusto che non sia stato reso a V.S. un esemplare di Bellarmino, il quale egli ha mandato nominatamente; e non gli basta questa escusazione, chè ha scritto per farne venir un altro, e mandarglielo. Ma mi stupisco per che causa li romanisti fanno tanta instanza per quel libro costì, e qui non ne parlano; se forse questo non è per la loro maggiorità, quando occorre la minorità del re. Ma, per continuare di questo libro, sappia V.S., che ve n’è grand’abbondanza nello Stato ecclesiastico, e nel rimanente d’Italia non se ne trova: di che in Venezia si sa la causa, la pubblica proibizione; negli altri luoghi sanno far fatti senza parole.

Ma che dirà V.S. che il re di Spagna abbia in così solenne modo proibito il trattato di Baronio della Monarchia di Sicilia?[1] Le mando una copia tratta da originale autentico: il che dico acciò V.S. non dubiti della verità. Mi dà da pensar assai, ch’essendo stampato quel libro nel 1605 ed essendo proibito allora dal vicerè di Napoli (di che esso Baronio se ne querelò in forma assai petulante, a sprezzo del re stesso), dopo tanti anni siano venuti in pensiero di far un tal passo, non mai più fatto da loro. Io so di buon luogo, che avuto il papa notizia di questo editto, l’ha mandato alla Congregazione dell’Indice per consultarvi sopra. Vedremo che resoluzione prenderanno. Prego V.S. far aver una copia di questo editto a monsieur l’Eschassier per mio nome.

E poichè siamo in questa materia de’ libri, le


  1. Vedi la Lettera CLXI, e la nota a pag. 164.
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