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lettere di fra paolo sarpi. | 203 |
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Ma tornando a Baronio, la corte romana ha fatto querimonia in Spagna dell’editto, e ha ricevuto risposta molto grave e dura. Nella congregazione dell’Inquisizione tuttavia vi pensano, ma credo che sarà difficile ritrovar quello che vorrebbono.
Io reputo certamente, che la Francia avrà bisogno del governo di Sully,[1] il quale sarà conosciuto in assenza più che in presenza. Rendo grazie a V.S. dell’avviso che mi dà in questo particolare, il quale mi è grato. Io tengo per cosa certa, che non sarà niente di male per Ginevra.[2]
Ma se il duca di Savoia sia pazzo o savio, non glielo posso dire: si vedono indizii di questo e di quello. Io concludo che la sapienza e la pazzia siano attaccate per le code, e che non si possa venir all’estremo d’uno senza dar nel principio dell’altro. Ma forse che il tutto è opera di Dio, che vuol insieme fare il bene, e mostrar la difficoltà che vi è di farlo per mezzi umani.
Sono stato attonito e quasi senza poter credere, ch’Espernon ricerchi i Riformati: dico bene che gran fatto sarebbe crederlo. Ho sentito con dispiacere la ritirata del primo presidente di Harlay, la quale non dirò esser tanto quanto la morte del re; ma, per mio concetto, tra tutti gl’infortuni occorsi dopo quella, questo è il maggiore.[3] Non posso sperar bene di Verdun, essendo stato favorito dal papa e dai Gesuiti; i quali sanno bene quello che fanno, e conoscono l’interno degli uomini. Affermo a V.S.