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lettere di fra paolo sarpi. | 219 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:227|3|0]]nostra comunicazione, la quale non vorrei per molto che restasse interrotta.
In Roma, il cardinale di Gioiosa è stato infermo di una diarrea con febbre, che faceva dubitare della sua vita: al presente si trova senza pericolo. Il papa negozia con la Repubblica di quello che altre volte ho scritto a V.S., con tanta destrezza, che non si potrebbe maggiore; e (quello che non piace al Padre) con questo avanza; e vi sono persone tanto semplici, che lo stimano mutato di volontà, e pochi l’interpretano quello che veramente è, un accomodarsi alla necessità ed un conservarsi l’animo cattivo; anzi farlo più intento, con pensieri di vendetta maggiore all’opportunità. Sento dispiacere che per questa sorte di accidenti deteriora quel poco di Religione.[1]
Insomma, si vede per esperienza che non piace a Dio benedire il suo servizio cominciato per fini umani con l’occasione della vanità. Per via di Soría ho inteso gran cose del procedere de’ padri Gesuiti nelle Indie, dove s’hanno ridotto a dominare apertamente: manifesto indizio della intenzione che hanno di fare lo stesso in Europa, se potranno. Io non sarò più lungamente tedioso a V.S. con la presente, ma qui facendo fine, le bacio la mano.
- Di Venezia, li 23 luglio 1611.
- ↑ Siccome le cumulate ricchezze, e spesso anche le repubbliche, si disfanno e rovinano per l’incapacità o malvagità di quelli che le amministrano, così i tesori raccolti dal sangue dei martiri... Ma non vogliam dire più oltre. Noi non faremmo se non ricordare altrui quello ch’egli ha cento volte pensato, non senza dolore, in sè medesimo.