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238 lettere di fra paolo sarpi.

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Qui io non sarò più lungo, ma per fine di questa, a V.S. bacio la mano. Il padre maestro Fulgenzio desidera con particolar ansia il libro sopraccennato dell’Antigesuita. Per me, son sempre di quel sentimento: che se non è qualche cosa di rado,[1] non mi curo veder nulla, avendo assai libri in Venezia da studiare, senza farne venire di fuori: pure dipendo dalli suoi consigli, avvertendo che una sola copia basterà per tutti insieme; e qui di nuovo le bacio le mani.

Di Venezia, li 27 settembre 1611.




CLXXXV. — Al medesimo.[2]


Per il corriero che partì oggi 15 giorni, scrissi a V.S., inviando le lettere secondo il solito. Con quello ch’è ultimamente venuto di Francia, non sono venute lettere da lei: il che le dico solo per avviso, non intendendo però ch’Ella mai prenda incomodo per scrivermi.

Quello che in Italia passa di maggior momento, è il negozio di Sassello,[3] il quale però io predirei che non fosse per causar novità alcuna: se non fosse che avendo veduto tutti i gran principii rimaner senza effetto, vado stimando possibile che qualche grand’effetto nasca da leggiera causa; e sì come il verisimile non si è effettuato, così possa effettuarsi il non verisimile. Mandarono i Genovesi a far doglianza col contestabile, governatore di Milano, per


  1. Intendasi: qualche cosa di raro.
  2. Edita come sopra, pag. 403.
  3. Vedi la nostra nota a pag. 232.
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