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lettere di fra paolo sarpi. 257

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:265|3|0]]V.S. non se ne pigliar pensiero. Mi dispiace bene sopra modo la disgrazia di Castrino, e vorrei poter in qualche modo fargli servizio.

Veggo bene, che se la Sorbona e l’Università non avranno da contender con altri, si metteranno contra i Gesuiti. Ma mi rendo certo anco, che si accorderanno tra loro, e la Sorbona cederà sempre che vi sarà da oppugnar gli Ugonotti; e mal si può fidare della contenzione de’ duoi, quando hanno un recesso per far pace.

Ho scritto così inconnessamente, perchè son andato seguendo la lettera di V.S., avendo poco tempo oggi, e instando l’ora di serrar le lettere. Il signor Molino e il padre Fulgenzio le rendono mille saluti, e io le bacio riverentemente la mano.

Di Venezia, li 6 decembre 1611.




CXCI. — A Giacomo Leschassier.[1]


Come sopportai di molto mal animo l’interruzione avvenuta nella nostra comspondenza, così con mio sommo contento vidi la lettera di Lei scritta il dì 6 di ottobre. Cresciute sono, pur troppo, Signor mio eccellentissimo, le forze e il coraggio dei nostri nemici; talchè ci è forza retrocedere con maggior cautela, e spesso con dissimulazione; non già di quella de’ Gesuiti, ch’è pura e pretta menzogna, ma sì dell’altra che consiste nella riservatezza e nel silenzio. Spero che a cotesto nostro ambascia-


  1. Edita in latino, fra le Opere dell’Autore ec., tom. VI, pag. 97.
Sarpi. — II. 17

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