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266 | lettere di fra paolo sarpi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:274|3|0]]donna vedova, privati li parenti; e quei magistrati hanno dichiarato il testamento inofficioso, dove li Padri hanno perduto la loro pescagione.
Qui è tenuto ancora ch’è stata trattata la loro causa con la Università di Parigi, e giudicata, secondo che si aspettava, a favor dell’Università. Vado credendo che si stamperanno le arringhe fatte nella causa, dove intendo che monsignorr Servino e l’avvocato dell’Università hanno parlato dottamente e saviamente. Sto con molto desiderio di esserne fatto partecipe, come di cose che possono servir mirabilmente anco a noi.
Ho veduto la censura della Sorbona sopra li tre Sermoni, la quale non si può se non commendare. Dio volesse che tutta la dottrina della Sorbona fosse simile a quella! Ho veduto insieme un’Apologia che fa il padre Solier contra quella censura, molto petulante e veramente da gesuita.[1] Forse da queste contenzioni ne nascerà bene; chè la Sorbona ritirandosi dalla nuova dottrina loro, capiterà in qualche buone opinioni. Le pretensioni spagnuole in Roma continuano: non so se si possa sperare che di là debba succedere qualche bene. Temo grandemente che questi buoni Padri non diano qualche tracollo in Francia; perchè intraprendono troppo arditamente i pregiudizi contro la libertà della Chiesa gallicana, ch’è un punto mal inteso da’ Francesi. Nè so, in vero, come abbino possuto sinora soffrire
- ↑ Francesco Solier, gesuita dei più infaticabili, e autore di molte opere; tra le quali una versione in francese di tre Sermoni spagnuoli intorno alla beatificazione del Loyola. Questa traduzione fu condannata per quattro proposizioni concernenti il misticismo, e il Solier volle difendersi da tale censura nel modo che qui venne qualificato dal Sarpi.