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lettere di fra paolo sarpi. | 273 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:281|3|0]]simile all’abbate. Da tale ambiguità incuriosito, riscrissi, pregando per saperne la verità; e l’amico mi rispose: questo esser certo, che l’impiccato somigliava all’abbate, e che da tutti era stato creduto lui; che ciò credevasi ancora, ed anche dai Gesuiti: che tuttavolta, esitando pur taluno nel ripetere alle orecchie altrui, e in ispecie di Francesi, la verità del fatto, per le parole che ne corsero in contrario, esso amico rimetteva nel mio giudizio se possa mai ritenersi che in sì famoso luogo sia stato pubblicamente ucciso da pubblici ministri un uomo che nessuno avesse potuto conoscere. Ed io imitando la moderazione di lui nel darne sentenza, ne lascio a mia volta la decisione al senno della S.V. eccellentissima.
La prego, intanto, ad avermi sempre nella sua memoria, e a continuare la sua consueta benevolenza verso un sincero ammiratore delle sue virtù.
- Di Venezia, il 14 febbraio 1612.
CXCVII. — A Giacomo Gillot.[1]
Il regio ambasciatore, nella sua venuta tra noi, mi rallegrò grandemente col recarmi le graziosissime lettere della E.V., per le quali, saputo lo stato suo, sentii scemarmi l’angustia in che mi trovava per le notizie avute di sua malattia. Subitochè da queste conobbi che ella era pienamente ristabilita, ne resi infinite grazie al Signore Iddio, e me ne rallegrai con la Francia, e con me stesso precipuamente; ed ora, mentre penso alla risposta, mi sopravviene
- ↑ Stampata, in latino, come sopra, pag. 17.
Sarpi. — II. | 18 |
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