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296 lettere di fra paolo sarpi.

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Poichè questa è di quelle lettere che possono esser viste da tutti, ho voluto darmi soddisfazione di far a V.S. riverenza con un poco di scrittura di mia mano, restandole devotissimo servitore.

Di Venezia, li dì 21 marzo 1012.




CCIV. — A Giacomo Leschassier.[1]


Se i padri Gesuiti vogliono istruire la gioventù francese anco a vostro dispetto, hanno messo pietosamente gli occhi ancora sulla nostra; e noi, fatti accorti da voi, c’ingegniamo in ogni modo per non provar gli effetti di tanta loro grazia. Io credo che per divino beneplacito sieno seguiti contemporaneamente i fatti di costà e quelli di qui; e mi piacque inviare alla S.V. un esemplare del nuovo decreto, insieme con altra del primo, che dalla stessa lettura rileverà essersi resi di pubblica ragione. Perchè non m’odino più che non fanno, vorrei che nessuno sapesse che l’ho mandato io, all’infuori del signor Gillot, cui prego la S.V. a partecipar la presente e offrire tanti miei saluti. Vedrà frattanto come essi tendano laccioli alle matrone e zittelle a fine di raspar quattrini. Ma dirò cosa che dal decreto non apparisce: portano via più roba da questo dominio esuli, di quel che si facessero presenti.

Di Castiglione, ecco come va la faccenda. È un luogo situato tra Verona e Brescia, appartenente in realtà alla diocesi di Brescia, ma soggetto al dominio del marchese Gonzaga, fratello a quel giovane


  1. Stampata, in latino, tra le Opere ec. del Sarpi, p. 100.
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