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310 | lettere di fra paolo sarpi. |
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CCIX. — Al signor De l’Isle Groslot.[1]
Con la mia solita riverenza e contentezza, ho ricevuto quella di V.S. del primo maggio; di che le rendo grazie, e specialmente per la risposta di Casaubono al cardinale, che mi pare opera buona e bella. Sento ben con dispiacere che le cose di cotesto regno s’incamminino a qualche confusione, ed in particolare la dichiarazione del perdono, che mi pare appunto un’invenzione gesuitica; e non so in me medesimo vedere come un tal principio non sia per aver conseguenza deplorabile, se dalla bontà divina non vi è posto qualche rimedio singolare e straordinario. Monsieur l’Eschassier mi ha mandato gli atti dell’appellazione di Richer, e son restato assai maravigliato, parendomi la libertà di Francia incatenata con vincoli di Spagna.
Qui in Italia non abbiamo cosa nuova. Il papa cede alla Repubblica in tutto quello dove conosce le ragioni sue, e questo fa li nostri negligenti, anzi rilassati; ch’è pernicioso per la Repubblica. Si aspetta in Torino il cavaliere Wotton, ambasciatore della maestà d’Inghilterra a quell’Altezza, e si preparano onori grandissimi da farli. Il duca è andato sino a Rivoli per trattenersi liberamente con lui un giorno, e intendere il sodo di quello che porta. Il suo ingresso in Torino sarà con incontro del cardinale[2] e principe, punto molto importante, quanto s’aspetta al cardinale. Tengono che l’ambasceria sia per la trattazione del matrimonio. Io però riputando che