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lettere di fra paolo sarpi. 347

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Ho ricevuto la Raccolta di Sentenze aggiudicatorie del Barclay; elegante lavoro, che mostra il vigoroso ingegno dell’autore, a me noto anche per l’altre opere.[1] La curia romana non ha avuto per l’addietro gente a’ suoi disegni più contraria dei Francesi; e spirandole oggi il vento in poppa, volta sopra voi tutti gli sforzi, e noi lascia un po’ respirare. Ma combattete da forti, come faceste fin qui, e per voi e per gli altri; e il vento si volgerà presto da un’altra parte.

La ringrazio per la narrativa del caso del parroco, di cui desideravo essere ragguagliato. A quel che vedo, cotesta città (per non dir regno), per opera e brighe gesuitiche, si scinde tutta in due parti; cioè gesuitanti e realisti; e io dubito se in ciò mostrino accorgimento. Tutti i cattolici staranno pel pontefice; e non può essere che, divisi in due parti, spalleggino soltanto lui. Trapela dalle lettere della S.V. certo scoramento che in Lei rampolla dalla considerazione del non potersi sterpar di costà la dottrina del parricidio. Ma non è a sperare che un grave morbo si sani così facilmente: bisogna dar tempo al tempo, come i medici costumano, e aspettare le forze. Fa duopo in questo mentre lavorare di diversioni e revulsioni: i rimedi gioveranno quand’esso verrà declinando. Dopo tanto strepitare, non


  1. Del Barclay giuniore si è toccato ancora nella nota alla pag. 275 del tomo I, ed altrove. Di coteste opere o scritture di circostanza, come oggi si chiamano, dovè accader quello che accadde in ogni tempo; vale a dire che la posterità non ne serbi memoria di gran lunga proporzionata al rumore ch’esse levano quando sono divulgate. È bensì tuttavia ricordatissimo il libro del Barclay padre, intitolato De regno et regali potestate.
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