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lettere di fra paolo sarpi. 383

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:391|3|0]]che doni a V.S. ogni prosperità, e le bacio la mano.

Di Venezia, il 12 marzo 1613.




CCXXXIV. — A Giacomo Leschassier.[1]


Ricevei la lettera della S.V. degli 8 febbraio, con gli articoli cavati da Azor e Gretzer,[2] e la romana censura del Becano, di cui non era arrivata a noi contezza alcuna. Mi reca sommo stupore, che per tal causa siensi adunati i cardinali il 3 di gennaio; quando nell’intramezzo dalla Natività all’Epifania del Signore sogliono interrompere ogni faccenda. Non posso indovinare perchè i Gesuiti abbiano cotanto temuto la censura della Sorbona, e preferito che il libercolo fosse condannato a Roma. Dio non voglia che quello che è da stampare, non sia più pestilenziale del riprovato! Se lasceranno condannare o colpir di censura i tre tomi di Giovanni Azor, sarà chiaro allora il perchè abbiamo tanto accanitamente difeso il Becano. Mi sorprende l’audacia e l’imprudenza del Gretzer; ma che v’è da aspettarsi di buono da chi detrae ai propri benefattori? Ben è vero che vogliono esser arbitri d’ogni cosa e comandare a tutti quanti.

Si parla di non so qual recente attentato contro


  1. Edita, in latino, nella raccolta delle Opere ec., p. 110.
  2. Giovanni Azor, gesuita spagnuolo; Giacomo Gretser, suo confratello nativo della Svevia, furono rispettivamente autori di più opere (il secondo assai più dell’altro), di cui possono vedersi i titoli presso gli eruditi, ma delle quali ognuno, anche senza di ciò, indovina i soggetti e lo scopo.
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