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lettere di fra paolo sarpi. | 387 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu{{padleft:395|3|0]]domina inoltre col triregno tutti gli Stati. I preti italiani, infatti, sono più ossequenti al papato, che non i francesi, avendosi da lui solo i benefizi, e (ciò che più vale) aspettandone di maggiori. Quadra qui il proverbio: tenere il lupo per gli orecchi; tornando in egual modo pericoloso pe’ principi in Italia o il sommettersi al papa o lo scuoterne il giogo. Ma il discorso su tali cose è da rimettere a più opportuna occasione.
Mi preme grandissimo desiderio di vedere la deliberazione fatta dal Senato contro i faziosi che insorsero contro il libercolo Della potestà ecclesiastica e civile; il quale quando venga difeso dalla pubblica autorità (come vedo essersi principiato a fare), s’avranno gittati nella Francia semi di gran raccolta, che gioverà pure a noi. Ho letto con grande attenzione l’arringa dell’avvocato della Università, che ho riscontrato maravigliosa d’eleganza e sodezza. Io ne osservo e venero l’autore, che in cosa dubbia ha preso il patrocinio del vero con tanta libertà; ma due cose occorrono per me nuove e di cui chiedo con grande istanza lo schiarimento. Riguarda l’una quel Carlo Ridicon, giacobita di Gand, contro di cui si allegò una decisione del Senato dell’aprile 1599. Io sono al buio affatto e sulla cosa e sul nome della persona.[1] Mi farà la S.V. un gran favore a dirmene in succinto la storia, e riferire il tenore della sentenza del Senato. L’altra risguarda un certo abboccamento tenuto, secondo quel che dice l’avvocato della Università, nella città di Toul; nel
- ↑ Nè la posterità, per quanto a noi sembra, ne seppe gran fatto.